“Lucia di Lammermoor” rientra tra le opere più amate per quelle celebri melodie che commuovono ora come allora grazie ad una formidabile facilità percettiva. E proprio in questo risiede, a tacer d’altro, la genialità di Donizetti, ma anche di Rossini, Bellini e Verdi: nell’individuazione del motivo, dello spunto iniziale della melodia che rimane indelebilmente impresso. Ed il capolavoro donizettiano ritorna dopo quindici anni al Teatro Politeama Greco come secondo titolo della 47ª Stagione lirica della Provincia di Lecce, con la direzione artistica di Giandomenico Vaccari e Maurilio Manca. L’appuntamento è oggi alle 18 con replica dopodomani alle 20.45.
I protagonisti
A dar vita all’opera saranno il soprano Natalia Roman, che si cimenterà nel ruolo del titolo; con lei il tenore Riccardo Della Sciucca (Edgardo), il baritono Alexandru Costantin (Lord Enrico Ashton), e il basso Ramaz Chikviladze (Raimondo Bidebent). Completano il cast il tenore leccese Giuseppe Tommaso (Lord Arturo Bucklaw), il mezzosoprano salentino Antonella Colaianni (Alisa) e Cristiano Olivieri (Normanno, il capo degli armigeri di Ravenswood). Sul podio dell’Orchestra Filarmonica di Lecce salirà il tarantino Alfonso Scarano, mentre il Coro “Opera in Puglia” sarà diretto da Emanuela Aymone. La regia è firmata dallo stesso Giandomenico Vaccari, con le scene di Alfredo Troisi e con aiuto regista Alessandro Idonea.
L’opera di Donizetti
Sin dalla trionfale prima rappresentazione napoletana, il 26 settembre 1835, “Lucia di Lammermoor” venne acclamata come un capolavoro per la travolgente e impossibile passione amorosa che nasce in una cornice dai forti connotati storico–politici, per la rigogliosa invenzione melodica e per il virtuosismo vocale che trova la sua acme nella celeberrima scena della pazzia.
Il libretto di Salvatore Cammarano fu tratto da “The Bride of Lammermoor” dello scrittore Walter Scott, romanzo pubblicato nel 1819 che ispirò prima di Donizetti anche i compositori Michele Carafa, Luigi Riesk, Ivar Frederik Bredal e Alberto Mazzuccato. Scott, riferendosi alle lotte fra i seguaci di Guglielmo III d’Orange e i fedeli del detronizzato Giacomo II, aveva collocato il suo romanzo nella Scozia del 1689, mentre Cammarano inspiegabilmente retrodatò “Lucia” alla fine del Cinquecento.
«1835, siamo quindi nel cuore del turgore e degli umori romantici. Amore e morte. Questi sono i due grandi topos che governano quest’opera – spiega Vaccari – è un’opera assolutamente gotica. Si svolge quasi sempre di notte, nell’oscurità…il nostro spettacolo rievocherà questo tipo di atmosfere con la bellissima scenografia di Alfredo Troisi, assolutamente scura, affascinante, impressiva. Altrettanto vale per i costumi di questa Scozia un po’ favolistica e persa nel tempo. Sfrutterò come regista non solo il palcoscenico, ma anche la platea per aumentare la portata spettacolare della performance e cercare anche di coinvolgere ancora di più il pubblico che potrà avrà avere un contatto ravvicinatissimo con alcuni dei protagonisti».